Vedute dell’Altopiano di Denai.

I paesi di Valvestino si trovano mediamente ad una quota di 850-900 m s.l.m., in modo da sfruttare le risorse offerte dalla fascia montana inferiore e quella montana superiore.

A valle dei paesi si trovavano gli appezzamenti agricoli, i castagneti, i campi da fieno; a monte i boschi di faggio e i pascoli. I residenti potevano contare su due tipi di pascolo: uno primaverile e autunnale sugli altipiani di Rest e Denai, trasformati dall’uomo in pascoli a discapito della faggeta, ed uno estivo sugli alpeggi cacuminali.

I pascoli primaverili erano suddivisi in piccoli appezzamenti di proprietà privata, poiché quando durante l’estate il bestiame veniva trasferito negli alpeggi ed accudito in stalle collettive dai “malgari”, le famiglie praticavano la fienagione anche nei pascoli primaverili.

All’uopo ogni appezzamento era fornito di un fienile in legno a due piani, di cui l’inferiore adibito a stalla ed il superiore a fienile-ricovero, tradizionalmente con tetto di paglia.

Ai piedi delle pareti rocciose di maggiori dimensioni si formano frequentemente anse e nicchie di corrosione, la cui genesi è dovuta a fenomeni carsici sovraimposti ad indebolimenti strutturali della roccia, determinati da faglie e discontinuità litostratigrafiche.

Questi microambienti, localmente chiamati “cuei” (singolare “cuel”) danno rifugio ad alcune piante di estremo interesse: la parte aggettante, rappresentata dal soffitto della nicchia, è l’habitat più tipico della Moehringia glaucovirens Bertol., una specie endemica dall’aspetto fragile e dimesso che, non venendo quasi mai raggiunta dall’acqua piovana, si disseta assorbendo l’umidità che si condensa lungo i suoi fusti allungati o che percola lungo le fessure delle rocce.

Il pavimento delle nicchie, ove si accumula un sottile strato di sfatticcio calcareo molto umido, rappresenta invece l’habitat tipico di Saxifraga arachnoidea Sternb., un’altra specie endemica, a cui frequentemente di accompagna anche una piccola specie annuale: l’iberidella minore (Hymenolobus pauciflorus (W.D.J. Koch) Schinz & Thell.).

Nel Parco Alto Garda Bresciano numerose specie mostrano un notevole excursus altitudinale, che consente loro di prosperare dalla fascia basale a quella culminale.

Tra queste, il primato spetta senza dubbio a Sesleria caerulea (L.) Ard. e a Carex humilis Leyss., che riescono ad essere abbondanti dalle praterie termoxeriche della fascia basale fino alle praterie alpine che colonizzano i pendii ventosi posti alle quote più elevate dell’Alto Garda.

In questo contesto, unitamente a Carex sempervirens Vill., le due specie anzidette caratterizzano fisionomicamente il seslerio-sempervireto, una comunità erbacea che si insedia, sui pendii calcarei sommitali.

Da qui, grazie all’azione dell’uomo, il seslerio-sempervireto si è potuto diffondere anche in aree un tempo colonizzate dalle mughete, dove viene (e soprattutto veniva) sfruttato come pascolo estivo per il bestiame.

L’ingresso di un cunicolo della prima guerra mondiale, sovrastato da un pino mugo.

Le Giudicarie Bresciane erano l’estremità meridionale del Tirolo e, nella strategia difensiva della Grande Guerra, esse rappresentavano la “punta di diamante” dell’intero fronte meridionale; fulcro d’enorme importanza strategica per l’impero asburgico.

Le creste sommitali furono pertanto trasformate in un impressionante sistema difensivo, con trincee, cunicoli e forti corazzati, interamente scavati nella roccia.

Per consentire lo sfruttamento stagionale delle praterie di alta quota, le popolazioni locali costruirono le malghe, ovvero stalle collettive capaci talvolta di fornire ricovero a mandrie composte dal bestiame posseduto dagli abitanti di un intero paese.

Tipicamente le malghe furono collocate a quote assai prossime al limite superiore delle faggete, così da poter sfruttare le foglie morte del sottobosco come strame. Nella scelta del luogo in cui costruire l’edificio venivano inoltre privilegiate le aree pianeggianti o poco acclivi e il più possibile riparate dai venti.

E’ questo il caso della Malga Tombea, ritratta in foto. Sui pascoli in prossimità delle malghe grava un carico di bestiame molto superiore a quello delle aree più discoste. L’intenso calpestio compatta localmente il suolo, inoltre le deiezioni del bestiame, derivanti principalmente da erba brucata altrove, lo arricchiscono di nutrienti, favorendo a dismisura la fienarola alpina (Poa alpina L.).

In corrispondenza delle linee di impluvio o in piccole depressioni con suoli idromorfi, la fienarola viene rimpiazzata dal migliarino maggiore (Deschampsia caespitosa (L.) Beauv.), una robusta graminacea cespitosa igro-nitrofila, poco appetita dal bestiame per le foglie scabre e tenaci.

Lungo il tratto di mulattiera tra il Tombea e il Caplone si possono osservare moltissime piante di grande interesse scientifico, che spesso offrono anche spettacolari fioriture.

Il clima delle Prealpi Bresciane assicura un’escursione termica annuale non troppo pronunciata e precipitazioni relativamente abbondanti, specie in Valvestino, ove nei mesi estivi si condensa l’umidità che evapora dal lago d’Idro e dal Lago di Garda.

Queste condizioni sono un vero e proprio paradiso per il principale protagonista dei boschi montani dell’Alto Garda: il faggio (Fagus sylvatica L.).

Gli ampi spazi di pertinenza delle faggete sono stati in parte sostituiti dall’uomo con prati e pascoli, mentre i boschi superstiti hanno subito quasi ovunque la ceduazione.

Tuttavia, in seguito all’abbandono delle pratiche silvo-pastorali tradizionali, le faggete dell’Alto Garda stanno rapidamente guadagnando terreno e i vecchi cedui si stanno trasformando in spettacolari boschi d’alto fusto, grazie alla minore richiesta di legna da ardere e agli interventi di diradamento dei polloni effettuati dall’Azienda Regionale Foreste e da qualche encomiabile privato.

Veduta dei Prati di Rest

I paesi di Valvestino si trovano mediamente ad una quota di 850-900 m s.l.m., in modo da sfruttare le risorse offerte dalla fascia montana inferiore e quella montana superiore.
A valle dei paesi si trovavano gli appezzamenti agricoli, i castagneti, i campi da fieno; a monte i boschi di faggio e i pascoli.

I residenti potevano contare su due tipi di pascolo: uno primaverile e autunnale sugli altipiani di Rest e Denai, trasformati dall’uomo in pascoli a discapito della faggeta, ed uno estivo sugli alpeggi cacuminali. I pascoli primaverili erano suddivisi in piccoli appezzamenti di proprietà privata, poiché quando durante l’estate il bestiame veniva trasferito negli alpeggi ed accudito in stalle collettive dai “malgari”, le famiglie praticavano la fienagione anche nei pascoli primaverili.

All’uopo ogni appezzamento era fornito di un fienile in legno a due piani, di cui l’inferiore adibito a stalla ed il superiore a fienile-ricovero, tradizionalmente con tetto di paglia.

I roccoli sono postazioni permanenti di caccia costiute da una torretta centrale (ricoperta di rampicanti, camuffata con ramaglie o semplicemente dipinta di verde) e da un emiciclo di specie erboree (solitamente faggi, carpini, e sorbi) con rami intrecciati ad arte per formare invitanti posatoi per gli uccelli.

Alcuni di questi con gli anni sono divenute vere e proprie sculture viventi di notevole pregio architettonico.

Osservatorio Astronomico di Cima Rest e Museo Etnografico della Valvestino.

Da ovest verso est, la Valvestino è incisa da sei profondi torrenti, che si sviluppano a ventaglio e confluiscono nel Magasino, ritratto in questa foto. Lungo i corsi d’acqua si insediano boscaglie di salici che svolgono un’insostituibile azione di consolidamento del greto ciottoloso.

Purtroppo, negli ultimi tre decenni, queste preziose boscaglie sono state invase da Reynoutria japonica Houtt., una specie est-asiatica dalla crescita particolarmente vigorosa.

Segheria Veneziana

Mulino ad acqua di Turano

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